Milo Busanelli, “Rigenerazione” [originale, non censurato]

Il giorno in cui Bianca ha perso una gamba le rimaneva l’altra, invece a me restava una ragazza senza gamba. Non poteva avere una gamba nuova mentre io potevo cambiare ragazza. Guidavo io, ma avevamo bevuto entrambi.
La destra mancava, l’altra zoppicava, lei non era la stessa e tanto valeva sceglierne una diversa. Prima: la testa, due braccia, il tronco, la figa in mezzo alle gambe. Poi: un moncherino. Se fossi partito dopo. Se avessi frenato prima. Se avessimo preso la macchina.
Io ero intatto (ero stato bravo a schivare il camion, ma non avevo considerato il guardrail), la moto era distrutta. “Sono quella di sempre”, ma una gamba in titanio (testina in ceramica, cotile in cromo-cobalto, rivestimento in silicone) non l’aveva mai avuta.
I tessuti si sono abituati, il cervello no, così doveva rinunciare alla gamba o ai segnali che mandava la testa (“resisti”, ma aveva delle fitte al bacino). La voglia sul poplite era sparita, ma una pelle così liscia (colore uniforme, temperatura stabile, niente cellulite perché mancavano le cellule) l’avevo solo ipotizzata.
Lei avrebbe fatto a meno della gamba finta, io avrei sostituito quella vera (“posso sborrarti sul malleolo?”, ma ha smesso di togliersi i calzini). Sognava una metallosi che gli esami radiografici smentivano, ma l’insufficienza epatica e le striature sulle mucose confermavano (“era un incubo?”).
“Troppo perfetta per essere vera”, la motivazione per disfarsene, ma l’ho convinta che era un suo difetto (per lei: della gamba che non s’integrava; per me: del corpo che la rifiutava). Invece noi due eravamo in sintonia (peccato per i pantaloni che la coprivano, ma anch’io indossavo le mutande). Come sarebbe stato un utero biomeccanico?
Il giorno in cui Bianca ha perso una gamba ho ricevuto una protesi (la sua, ma dormiva senza e ho iniziato a dormire con la gamba, così ha smesso di dormire con me tranne quando scopavamo assieme). Il mio sogno proibito: farle un ditalino col minolo (l’unghia non cresce, ma quando si è avverato il clitoride è rimasto stabile).
Lei invidiava il mio corpo intatto, io ero disposto a tutto per potenziarlo (non avevo il coraggio dell’atto, così ho cauterizzato l’intenzione). “Non la sento mia” e l’ho battezzata io, non voleva ne parlassimo e non parlavo a lei (appena ha ripreso: “senza Melania violi la tua privacy”).
Prima desiderava essere madre, poi ha smesso perché il mio desiderio si è realizzato (“risparmiamo sui pannolini”), ma non vedeva Melania come un figlio e io facevo entrambi i genitori (“che sia più materno il ventre della gamba è un cliché”). Non piangeva, non sbavava, non cresceva, ma scalciava a piacimento (“pensa se avessi perso un orecchio”).
Accarezzavo il peroneo, baciavo la patella, passavo la lingua sul calcagno a cerchi concentrici, penetravo tra le falangi (in crescendo con l’eccitazione fino all’alluce), venivo sulla testa del femore senza precauzioni e la infilavo nell’acetabolo (meglio un giorno da pedofilo che cento da impotente).
Bianca sperava finisse presto, io sapevo non sarebbe stato per sempre (le articolazioni rilasciano detriti, la ceramica cigola, i biomateriali grippano), ma pure noi non siamo eterni. “Abbiamo risolto il trauma del cambio gamba, affronteremo quello del ricambio”, ma rifiutava la prospettiva a lungo termine perché temeva fosse una protesi del presente, così si rifugiava in un passato artefatto.
Il giorno in cui Bianca ha perso una gamba non me l’ha perdonato, ma il mio senso di colpa temporaneo è stato una sufficiente punizione (prova ne è che siamo stati premiati, ma l’ha considerato un nuovo castigo). “Poteva andare peggio, potevi morire” (o andare meglio, perdendo anche un braccio), ma non voleva sopravvivere all’80%. Senza la gamba era carente, con Melania si sentiva posticcia nonostante la guardassero con un’altra protesi (“gli occhiali sono diffusi, le neo-gambe possono diffondersi”).
Bianca non mi capiva perché si credeva incompresa, io ero frustrato dal prestito intermittente che non avrebbe fatto parte di me anche se fosse stato mio (“voglio un upgrade”, a chi chiederlo?). Se avessimo dato il meglio di noi non ci sarebbero stati problemi di compatibilità.
Voleva abbandonare Melania e lasciare me, ma cosa ne sarebbe stato di lei? “Dovresti impiantarti un nuovo cervello”, ma sarebbe diventata un’altra (o l’identità è nell’anima? allora la carne è un optional). Potevo fare a meno di Bianca, ma non avrei rinunciato a Melania che aveva bisogno di lei (quanto può durare un cortocircuito prima che vada in crash?).
Avevamo deciso di lasciarci, ma quando Bianca ha perso una gamba siamo rimasti insieme (come se fossimo divisi). Prima ci eravamo avvicinati senza unirci. Prima ancora mi sentivo scisso. La bellezza salverà il mondo, ma senza sinergia è una condanna (la somma delle parti dà zero, meglio toglierle).
Melania è nata per intera / senza vene varicose e arteriopatia periferica / l’era del Silk-épil è finita / se Bianca compie un bambinicidio la faccio nera. Dormivamo in letti separati, uscivamo senza salutare, ci litigavamo Melania malgrado Bianca preferisse la stampella mentre io la preferivo allo strap-on, lei sosteneva che era sua, io che possedevo entrambe (se voleva la parità dei diritti che pagasse la sua metà di armadio). Mi aveva in pugno e per liberarmi dovevo prenderla a cazzotti (le avessi cambiato i connotati potevo scegliere i sostituti?).
La riabilitazione del corpo era riuscita (guidava per non camminare, vedeva le amiche per evitare gli estranei, lavorava di più per pensare meno), ma continuava la convivenza forzata. Si vergognava della sua mancanza e ancor più dell’integrazione, si vergognava ne fossi orgoglioso (a eccezione della sua vergogna), ma ero io la causa, così rifiutava le conseguenze. “Sei stata tu a riempirmi il bicchiere, prenditela con la bottiglia”, ma mi accusava di manipolare i ricordi (“li hai rimossi e io li riempio”).
La terapia di coppia l’abbiamo provata, ma lei non superava lo shock e io non volevo (una sgasata e l’ho messa incinta). Il terapeuta: “Dovete scendere a compromessi”, ma ci è bastata la caduta dalla moto (le salivo sopra o stavo sotto, ma uscivo prima, restavo solo nel buco sbagliato, avrei pagato per una ferita aperta).
Ha nascosto Melania e l’ho trovata, è fuggita e l’ho raggiunta, ha cambiato la serratura della porta e sono entrato dalla finestra (la volta dopo era chiusa, ho aspettato in garage). Le minacce non sono servite (“se non mi lasci la gamba adopero la stampella”) finché le ho realizzate (davanti e dietro; quando non c’è sutura affettiva che tenga meglio lacerare il rapporto).
Un figlio sintetico non soffre i conflitti dei genitori, io mi annoierei se si risolvessero, Bianca ne usciva sconfitta (diceva di non farcela, fosse vero non sarebbe riuscita a ripeterlo). Per rinsaldare il legame le ho proposto di sposarmi, ma le bastava l’unione civile e io mi accontentavo dell’accoppiamento (le fistole sono guarite, ma il suo timore degli ematomi occulti stuzzicava la mia voglia di scoprirli). “Sfondami col piede di Melania, così siamo pari”.
Bianca ha tentato il suicidio, ma la finestra era bassa e il piano d’atterraggio affollato, così ci ha rimesso un passante. Risultato: io ho tenuto Melania cambiando il resto del corpo (Chiara, una gamba sola, mezzo braccio, calva). E lei ha guadagnato una carrozzina.

Leggi la versione “censurata” di “Rigenerazione” di Milo Busanelli

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2 risposte a Milo Busanelli, “Rigenerazione” [originale, non censurato]

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