Iacopo La Forgia, “La mano del ladro”

1.

Mi è sempre piaciuto rubare, fin da ragazzino. Mi ha insegnato mia nonna Adelaide. Passavamo al mercato e mi parlava della sua vita durante la guerra. Viveva in campagna e verso la fine della guerra i tedeschi che si ritiravano spesso si fermavano a casa sua per qualche giorno. La occupavano, diciamo, ma erano educati. Mia nonna era di famiglia di non troppi soldi, ma aveva le arance. Sai, un tempo a Natale sotto l’albero trovavi le arance e non la Playstation. Questo per farti capire che le arance erano come dono raro/ricchezza. Mia nonna le arance le aveva tutto l’anno, ma questo non vuol dire che avevano i soldi, vuol dire che le coltivavano.
Ora, i tedeschi lei credo ci facesse sesso. Mia nonna è stata sposata solo per due anni (il tempo di fare la figlia, madre che poi ha fatto me) e ha fatto sesso tutta la vita. Non è che a me l’ha mai detto così, “facevo sesso in continuazione”. La generazione della guerra quando parla di fare sesso dice: “avevo amanti che mi mandavano le lettere”, e quando mia nonna è morta io ho aperto un armadio in camera sua, e l’armadio era pieno, dico pieno zeppo di lettere di carta gialla che mi sono cascate addosso.
Quando uscivamo dal mercato mia nonna tirava fuori tre arance dalla borsa, che aveva taccheggiato. Capitene il valore. La destrezza di mia nonna, con gli uomini e con le arance.
Io ho cominciato con le grandi librerie, a dodici anni: strappavo i codici a barre. C’è gente che ruba per il brivido, io rubo per l’oggetto, perché mi piace possedere oggetti a gratis. Mi piace anche possedere oggetti strani. Per esempio una volta ho rubato venti grossi vocabolari di latino da un magazzino, perché avevano bella forma e bel peso. Un’altra volta sono andato in una villa sul mare e ho rubato un gatto impagliato che poi ho ancora qui vicino mentre scrivo. C’è gente che ruba per i soldi, io rubo perché mi piace introdurmi in spazi che non possiedo e abitarli. È simile a possedere così bene un oggetto da poterlo maneggiare senza guardare. Come la gassa d’amante, il nodo che i marinai sanno fare al buio e con una mano sola nelle tempeste del Pacifico. Hai presente la gassa d’amante? È un nodo elegante e tenace, come mia nonna durante la guerra. I tedeschi erano pazzi di lei, ma a lei fotteva sega. Infatti poi ha sposato un ebreo.
Poi, diciamo un quattro anni fa, ho deciso che era tempo di smetterla di rubare e che era arrivato il momento dell’onestà. Le cose si fanno fino in fondo, dice il luogo comune, quindi io adesso non rubo nemmeno i centesimi che trovo per terra. Li lascio lì per il prossimo ladro che passa. Questo ho deciso di farlo perché ho visto in TV un uomo azzimato ed elegante che diceva che lui proprio non ruba mai-mai. Ne faceva un bel vanto di tutto questo non-rubare. E io ho provato un grande moto di rispetto per questa persona, per il tono della sua voce e per la sicurezza dei suoi argomenti. Ho smesso di rubare perché penso che il non-rubare sia buono per piacere: quest’uomo-TV mi dava l’idea di uno che le persone lo venerano. Non che conosca persone che mi hanno detto che quest’uomo-TV lo venerano, ma io quando guardo quella sicurezza del non-rubare e del dire le peste e le corna di chi ruba/ha rubato/ruberà penso che sia per forza estremamente sensuale questo piccolo ometto elegante, e meraviglioso il non-rubare e il dirlo, lo sbandierarlo. Ecco: io ho smesso di rubare perché secondo me si piace di più con l’onestà.

2.

Ieri mattina sono andato al mercato e ho comprato dei jeans usati e un anello con una pietra rossa. Questo mercato è un luogo in cui domina l’odore di cose impregnate dei corpi, le cose abitate dagli esseri umani, come per esempio i vestiti di seconda mano. Io vado in questo mercato per il fatto dell’odore e per tutti gli oggetti rubati che ha sulle bancarelle. Mi piace vederli/toccarli/annusarli perché hanno:
1) la timidezza delle donne che hanno fatto molto sesso;
2) le impronte degli uomini dei molti mondi, e quindi l’atteggiamento delle cose che viaggiano;
e invece non hanno:
3) padroni: sono dei ribelli contro ogni dominio, con il germe della rubabilità, cose che non si lasciano possedere. Ecco un esempio: una volta ero a ballare e brancolavo sul pavimento. E mi hanno sottratto l’oggetto dalla tasca. L’oggetto era un cellulare. Tornato a casa e ripresomi ho attivato funzione “trova cellulare smarrito”. L’oggetto era in Romania, nei pressi del confine Ucraino. Capite che gli oggetti rubati sono oggetti all’avventura, insomma.
Ieri ho finito il mercato e transitavo la porta attraverso cui vi si accede e vi si fugge. Sul limitare di quello spazio, appartato dentro la pioggia che cominciava a cadere, c’era un uomo grasso e con pochi denti.
Che mi fa: – Ehi.
– Dimmi, – gli dico io.
– Tengo un iphone sei. Guar’, ti piace?
– Quanto lo fai?
– Duecent’eur’.
– 150.
– 160.
– 150.
– Ochè’.
– Non ho i soldi, li vado a prendere alla banca là in fondo.
– Ti ashpett’acca’.
Allora: il ciccione ha diciamo cinquant’anni, viene dai luoghi del furto e della truffa, fuori piove, il suo motorino è acceso, l’iphone 6 è in perfette condizioni. Nuovo costa settecento euro. No? E lui lo vende a centocinquanta. La mano del ladro riconosce l’anima dell’oggetto, che sia rubata, che sia posseduta, al solo tocco.
Comunque, io a oggi sono onesto di testa in piedi e purtroppo essere onesti implica essere amici delle guardie, talvolta. Io le guardie le odio perché mi hanno spiegato che devo fare così e ciò determina un’intensa lotta interiore. Insomma vado verso la banca, al di là del ponte sul fiume, per prendermi il tempo di pensare e mentre piove, ancora più forte, sotto la pioggia c’è una volante dei carabinieri. Allora decido: vado da loro e indico la posizione del ciccione. Loro vanno dal ciccione e lo fermano. Il ciccione mi guarda con i suoi occhi azzurri e io sento un po’ la colpa.
I carabinieri lo perquisiscono e ci trovano addosso delle custodie per cellulari, molte, con dentro dei diciamo mattoncini di legno della forma e del peso dell’iphone 6.
Piove proprio solo qui sopra di noi, io vestito con una giacca loden tirolese che ho trovato nell’armadio di mia nonna, i carabinieri in divisa con le cravatte blu e le camicie bianche, uno con la faccia quadrata e la morbidezza di un corpo scomposto, l’altro più basso e tarchiato con la barba rossa. Sì. Sul fiume ci sta il sole. Il carabiniere morbido mi si avvicina e mi dici:
– Tocca che vieni in centrale, devi fare la denuncia.

3.

Tra i lavori che vorrei fare ma non posso perché non esistono c’è quello di parlare alla gente che si annoia mentre lavora. Ci pensi mai? L’agente di sicurezza all’ingresso del negozio, che passa tutto il giorno in piedi ad aspettare quei furti che non accadono mai, gli inseguimenti che non si realizzano; il portiere dell’albergo di notte che gli avevano detto «vedrai storie incredibili come prostitute con tre tette, avventatrici della notte, il politico corrotto che gli cade la cocaina dalla tasca mentre le abbraccia e dice “la signora non ha i documenti…”, il traffico d’armi nella stanza 503, spari nei muri in tarda mattinata…», e invece non ha altri clienti che cinesi silenziosi e una famiglia emiliana in vacanza a Roma per pasqua. Ecco, io vorrei che mi si pagasse per andare in giro e disannoiarle, queste persone. Anche leggergli un libro o chessò fare finta di avere della cocaina che cade dalla tasca, nel senso fare finta che quella cosa che cade dalla tasca è cocaina, oppure ascoltare le loro cose con interesse. Bada bene, non con finto interesse: basta fare le domande giuste e la gente tira fuori le più belle.
Vado dall’appuntato che sta seduto nell’ingresso della stazione dei carabinieri, dove sto seduto anch’io. Si sta annoiando, nel senso profondo e terribile della noia: nel naso non ravana solo una falange ma si tenta proprio di spingere tutta la mano dentro, alla ricerca della ruggine incollata al cervello.
– Salve, – dico io.
– Salve, – dice lui.
– Ho molti parenti nel corpo, sa? Io mai avuto il coraggio di arruolarmi, però. Volevo, ma ho paura di spararmi addosso da solo. Perché portate la pistola a sinistra, se siete destri?
– La sfiliamo al contrario tipo spada.
– Me la fa vedere?
– Ragazzino…
– Beh, ha mai sparato?
– Ragazzino…
– E dai.
– Mai, in verità le armi le odio.
– È difficile ottenere il porto d’armi?
Silenzio.
– Vabbè, perché le odi?
– Una volta t’ho visto che uscivi dal magazzino dei vocabolari con una sacca gonfia di roba.
– Ah, m’hai visto?
– Sì.
– E perché non m’hai fermato?
– Eri piccolo, ho lasciato correre. Poi, ripeto, avrei dovuto usare la pistola per spaventarti e rischiava di partire lo schioppo e non è che faccio questo lavoro per ammazzare la gente.
– E perché lo fai, per il potere?
– …
– Eh, uno ci pensa.
– Lo faccio per lo stipendio.
– Ma no… Davvero? E ti fai pure due palle…
– Infatti grazie. Ora però levati che devo lavorare.
– Ma se ti stavi a ravanare le narici…
– Ragazzino…
La verità è che sono io che mi annoio e vado dalla gente a fargli domande fuoriluoghe.
Comunque.
Il ciccione faceva il “pacco”: vuol dire che ti fa vedere il cellulare e ti spara un gran prezzo. I soldi glieli porti in tutta fretta, eccitato. Lui ti guarda negli occhi, t’ipnotizza, e nel mentre infila l’oggetto nella custodia nera. Poi con una rapida prestidigitazione scambia la custodia con il cellulare con la custodia con il pezzo di legno, te l’ammolla, zompa sul motorino acceso e si invola dentro la pioggia verso il suo buio, rapidamente fagocitato dal suo nulla. Ci sono uomini che a prestidigitare e a ipnotizzare glielo insegnano insieme a come si allacciano le scarpe, a come leggere l’ora, a come scrivere il proprio nome, da ragazzini, così la fregatura si impianta nei livelli più elementari del cervello, dove stanno gli automatismi, e divengono uomini-ladro, funzioni del meccanismo del furto, che li domina, perfette macchine di sottrazione del denaro. Essi divengono il vaccino della tua distrazione e t’insegnano a stare al mondo: la volpe che da gallina ti fa volpe. Se hai l’ardire d’imparare, una volta che hai subìto il furto imparerai a non subirne altri: ci sono uomini che ti preparano alla vita, all’essere sottratto ad essa e ad essa che ti sottrae.
– Vieni, ragazzo, dobbiamo fare la denuncia, – mi dice il carabiniere, e mi conduce al piano di sopra.
Piccola parentesi: la mano del truffatore gli oggetti li usa per un commercio pratico. Ora ti spiego:
1) mano normale: si crede di possedere l’oggetto, e quindi non lo indaga. Risultato: il possesso è solo un’illusione e l’oggetto gli viene sottratto dalla
2) mano del ladro: dell’oggetto indaga il movimento, che resiste a ogni possessione. Oggetti e mano del ladro sono in lotta, perché tentano di possedersi a vicenda;
3) mano del truffatore, riduce l’oggetto a mera x, l’oggetto è il veicolo dello scambio, e la sua sostanza non importa. L’oggetto è schiavo.
Ogni mano, del mondo può conoscere solo alcuni aspetti; gli altri li può immaginare ma le restano ignoti. La mano normale il mondo lo accarezza, quella del ladro lo turba, la mano del truffatore lo uccide. La normale ha paura, delle altre due, che non sa riconoscere, mentre le altre due si riconoscono e si disprezzano. Inoltre, la ladra e la truffatrice riconoscono gli oggetti-rubati e gli oggetti-a-truffare. Per questo, grazie a mia nonna, io il cellulare l’avevo subito sentito oggetto-a-truffare e non oggetto-rubato.
Qui, noi ladri siamo tenuti a combattere contro le mani che tentano di trasformare il mondo in veicolo, mentre noi lo vogliamo all’avventura.
Nella stanza al piano di sopra ci stanno: i calendari dei carabinieri attaccati alle pareti e numero un tizio seduto al tavolo con davanti il computer, il maresciallo, altri due in tuta della squadra di calcio, gli agenti in borghese, e poi il morbido e il tarchiato di cui sopra. Il maresciallo mi guarda dentro le pupille come a dire: io quelli come a te li conosco bene. Per dimostrarmelo mi tocca la mano.
Poi mi dice: – allora, ragazzino, il fatto qui è che ci devi venire incontro, come noi ti siamo venuti incontro con la storia dei vocabolari. Ora tu devi dichiarare – e ci metti pure la firma e muto – «stavo al mercato e un uomo mi ha avvicinato e voleva vendermi l’iphone 6 e io sono andato a prendere i soldi e glieli ho dati e lui mi ha dato una custodia nera e poi sono arrivati i Carabinieri che giravano per la zona con la volante e sono scesi dalla macchina in tutta corsa e hanno fermato il grasso e mi hanno salvato da truffa certa perché i Carabinieri sono la migliore cosa sulla faccia della terra». A quel punto mi lascia la mano e io la ritraggo, l’accosto all’altra, e le guardo entrambe.
Non sono belle – hanno dita storte e corte e palmi troppo ampi – ma sono le mie mani, uguali a quelle di mia nonna. Vanno più che bene, non mi posso lamentare.

Questa voce è stata pubblicata in Numero 15, Racconti. Contrassegna il permalink.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...