Dino Buzzati, Tre racconti scelti

La casa ideale

Se fossi molto ricco mi costruirei una casa così: una anticamera minuscola, un angusto corridoio, un misero soggiorno, una squallida camera da letto, mobili poveri, e nudi, pochi quadri, niente tappeti, niente tende, lampade incomode e fioche, complessiva atmosfera di disagio. In quanto al cesso, però, al minimo 40 metri quadrati, marmi maioliche rubinetterie sontuose e potentissime in vermeil, lampadari da trionfo, specchiere immense e molate, soffici tappeti di spugna a delicati colori, schieramenti di profumi rari e costosissimi, carte igieniche morbide come un sospiro, boccette e spruzzatori di ogni genere, giradischi stereofonici con imponente discoteca, insomma lusso sfrenato, spreco di spazio, gusto di girare nudi su e giù magari a passo di corsa. Perché i sapienti architetti non costruiscono delle case simili? È facile da sopportare la miseria se si può cacare da signori.

Lo scherzo

Di notte, svoltato l’angolo, nella strada deserta e piena di fango, me n’andavo in fretta verso casa. Quando udii alle spalle uno che correva avvicinandosi. Perché corre a quest’ora? pensai. Che mi insegua? Come egli fu a pochi metri, mi voltai. E allora lui si mise al passo, ansimando, e mi sorrise. Era un giovane sui trent’anni. « Scusi sa? » mi disse. « Le ho dato fastidio? » « Fastidio? » balbettai confuso, e ripresi il cammino.
Pensavo che l’altro riprendesse la corsa, sorpassandomi. In­vece restò fermo finché io mi fui allontanato un centinaio di metri. E allora ripartì di tutta carriera e lo udivo alle mie spalle che si precipitava su di me. Non potei resistere, quando lo sentii vicino, e mi voltai ancora, fermandomi. « Oh mi scusi tanto » fece lui frenando quasi per non venirmi addosso. « Le ho fatto paura? Mi perdoni. » « Ma si immagini » dissi, tranquillizzato dal suo tono così urbano. A questo punto, osservandolo, mi accorsi che non era lo stesso di prima, bensì un altro uomo, un po’ meno giovane, vestito poveramente.
La terza volta, perché naturalmente la storia ricominciò, riuscii a dominarmi e non mi voltai. I passi precipitosi mi piombarono sopra, con un sollievo indicibile sentii che mi stavano sorpassando.
« Niente paura eh, stavolta? » fece l’uomo apertamente beffardo, fermandosi tre quattro metri davanti a me. « Ha resistito, vero? » e io: « Ha intenzione di continuare per un pezzo? Crede di essere spiritoso? ». Intanto scoprivo al fioco riverbero di un lampione che era un altro uomo, diverso dal primo e dal secondo. « Ma lei »… domandai. « Non è quello di prima? »
Lui rispose: « Può darsi. L’importante è che lei abbia l’impressione di essere inseguito. La nostra persona conta così poco, uno vale l’altro. Mi dispiace solo di non avere corso bene. Se correvo bene lei si sarebbe spaventato. E invece no ».
Lo misurai con gli sguardi. Non era niente di straordinario, come forza. « Tutto questo, è cretino » dissi risentito. « Uno scherzo idiota, ecco che cos’è. »
« Uno scherzo? » fece lui con sincera meraviglia « uno scherzo? Ma allora… ma allora lei non ha ancora capito? »

Un caso interessante

La ragazza disse: « A me piace la vita, sa? »
« Come? Come ha detto? »
« La vita mi piace, ho detto. »
« Ah sì? Mi spieghi, mi spieghi bene. »
« A me piace, ecco, e andarmene mi rincrescerebbe moltissimo. »
« Signorina, ci spieghi, è terribilmente interessante… Su, voi, di là, venite anche voi a sentire, la signorina qui dice che la vita le piace! »

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