Editoriale
Lethem non sarebbe Lethem senza suo padre. Vale anche per gli altri scrittori che pubblichiamo in questo numero, vorrei mai che si offendessero. Quando si ha un nome illustre nell’indice è inevitabile che gli altri autori passino inosservati. Ho fatto presente ai ragazzi che non si serve un Krug Grande Cuvée con una selezione dei migliori spumanti nostrani. Non mi hanno ascoltato.
Dicevo, Lethem non sarebbe Lethem senza suo padre, e quando tuo padre vanta un credito con qualcuno, in qualche modo lo devi pagare. Richard l’ho conosciuto che aveva appena divorziato, barba e capelli da chi non riesce a trovare spicci nemmeno per una lametta. L’ho pagato perché la smettesse di insistere: voleva vendermi a tutti i costi uno dei suoi quadri. L’ho pagato perché il più grande dei suoi figli desse un futuro agli altri due. Ho buttato via i miei soldi, ma all’epoca non sapevo che Jonathan fosse appassionato di Philip K. Dick.
Mi è bastato richiamare in rubrica il suo numero di telefono, il giorno dopo avevamo un suo racconto inedito nella casella di posta.
Le collezioni: ho incominciato anch’io con i francobolli, sono passato a catalogare decalcomanie di alberghi, a parcheggiare auto d’epoca nella rimessa della mia tenuta in Provenza e ho finito con le bottiglie di vino.
Junior non sarebbe Lethem, se non avessi dato a Senior un rotolo di banconote; se non gli avessi affittato a canone ridicolo un magazzino a Brooklyn per farne una galleria d’arte; se amici miei con il problema di ripulire qualche milione di dollari non avessero fatto lievitare il prezzo dei suoi scarabocchi da Swann.
Bere, ma non mischiare. O meglio, usare un criterio nell’accostare monovitigni, blend e diverse gradazioni.
Si parte sempre dal basso, in crescendo. I ragazzi non mi hanno ascoltato, nemmeno questa volta.
Non so cosa possano avere in comune un tale fissato per i penny di rame, un’istrice piallata sull’asfalto, un giallista norvegese, una vespa sul fondo del bicchiere di una vecchietta innamorata, tumulti e olio d’oliva, gazebo fradici di acqua piovana e scrittori cubani che a Cuba non hanno mai pubblicato. Non saprei proprio come metterli insieme senza correre il rischio di ubriacare. Una sbronza fastidiosa che non dà pace fino alla prima birra del giorno dopo.
Lethem non sarebbe Jonathan, senza Richard, avete capito che non c’è niente di edipico, nonostante si parli di letteratura. Nessuno indovina indovinelli, inganna sfingi, ammazza padri per poi giacere nello stesso talamo della madre. È soltanto una questione di mani che lavano altre mani. Non c’è forza di gravità comparabile alla Win-win strategy, una versione business oriented e politically correct del do ut des latino. Il giovane Lethem pensa di essersela cavata con un solo racconto e, per ora, glielo lascio credere.
Enger, Scotti, Mandracchia, Pozzi, Deotto, Gutierrez, Ferrari, Crescenzo senza padre non sarebbero nessuno, senza noi che ve li selezioniamo e confezioniamo: brut, blanc de blanc, rosé, millesimati e grand cru.
Lo champagne ringrazia l’abate Perignon; i migliori metodi classici ringraziano Veronelli; a voi tocca rendere omaggio al sottoscritto che intreccia rapporti di favore e legami di piacere. Una dote che va sviluppata, io ho incominciato presto.
Godete, ma con calma. Noi ritorniamo fra tre mesi, con un anno in più. Concentratevi su bouquet e persistenza. Il resto, l’etichetta, è solo una questione di marketing.
Alla salute.