Cadillac Numero 4, ottobre 2012

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Lethem non sarebbe Lethem senza suo pa­dre. Vale anche per gli altri scrittori che pubblichiamo in questo numero, vorrei mai che si offendessero. Quando si ha un nome il­lustre nell’indice è inevitabile che gli altri au­tori passino inosservati. Ho fatto presente ai ragazzi che non si serve un Krug Grande Cuvée con una selezione dei migliori spumanti no­strani. Non mi hanno ascoltato.
Dicevo, Lethem non sarebbe Lethem senza suo padre, e quando tuo padre vanta un credi­to con qualcuno, in qualche modo lo devi paga­re. Richard l’ho conosciuto che aveva appena divorziato, barba e capelli da chi non riesce a trovare spicci nemmeno per una lametta. L’ho pagato perché la smettesse di insistere: vole­va vendermi a tutti i costi uno dei suoi quadri. L’ho pagato perché il più grande dei suoi figli desse un futuro agli altri due. Ho buttato via i miei soldi, ma all’epoca non sapevo che Jona­than fosse appassionato di Philip K. Dick.
Mi è bastato richiamare in rubrica il suo nu­mero di telefono, il giorno dopo avevamo un suo racconto inedito nella casella di posta.
Le collezioni: ho incominciato anch’io con i francobolli, sono passato a catalogare decalco­manie di alberghi, a parcheggiare auto d’epoca nella rimessa della mia tenuta in Provenza e ho finito con le bottiglie di vino.
Junior non sarebbe Lethem, se non avessi dato a Senior un rotolo di banconote; se non gli avessi affittato a canone ridicolo un magaz­zino a Brooklyn per farne una galleria d’arte; se amici miei con il problema di ripulire qual­che milione di dollari non avessero fatto lievi­tare il prezzo dei suoi scarabocchi da Swann.
Bere, ma non mischiare. O meglio, usare un criterio nell’accostare monovitigni, blend e di­verse gradazioni.
Si parte sempre dal basso, in crescendo. I ra­gazzi non mi hanno ascoltato, nemmeno que­sta volta.
Non so cosa possano avere in comune un tale fissato per i penny di rame, un’istrice piallata sull’asfalto, un giallista norvegese, una vespa sul fondo del bicchiere di una vecchietta inna­morata, tumulti e olio d’oliva, gazebo fradici di acqua piovana e scrittori cubani che a Cuba non hanno mai pubblicato. Non saprei proprio come metterli insieme senza correre il rischio di ubriacare. Una sbronza fastidiosa che non dà pace fino alla prima birra del giorno dopo.
Lethem non sarebbe Jonathan, senza Ri­chard, avete capito che non c’è niente di edipi­co, nonostante si parli di letteratura. Nessuno indovina indovinelli, inganna sfingi, ammazza padri per poi giacere nello stesso talamo del­la madre. È soltanto una questione di mani che lavano altre mani. Non c’è forza di gravità comparabile alla Win-win strategy, una versio­ne business oriented e politically correct del do ut des latino. Il giovane Lethem pensa di es­sersela cavata con un solo racconto e, per ora, glielo lascio credere.
Enger, Scotti, Mandracchia, Pozzi, Deotto, Gutierrez, Ferrari, Crescenzo senza padre non sarebbero nessuno, senza noi che ve li selezio­niamo e confezioniamo: brut, blanc de blanc, rosé, millesimati e grand cru.
Lo champagne ringrazia l’abate Perignon; i migliori metodi classici ringraziano Veronelli; a voi tocca rendere omaggio al sottoscritto che intreccia rapporti di favore e legami di piacere. Una dote che va sviluppata, io ho incominciato presto.
Godete, ma con calma. Noi ritorniamo fra tre mesi, con un anno in più. Concentratevi su bouquet e persistenza. Il resto, l’etichetta, è solo una questione di marketing.
Alla salute.

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